Il dolore è soggettivo: quali fattori ne influenzano la percezione?

Il dolore è un’esperienza soggettiva e molto personale. Senza dubbio si tratta di una condizione spiacevole per tutti, ma ogni persona lo avverte in maniera differente in relazione a molteplici fattori di natura biologica, sociale e psicologica la cui combinazione si traduce, in ciascun individuo, in un puzzle unico di elementi che contribuiscono alla percezione del dolore.

Ognuno di noi, infatti, è profondamente diverso dall’altro e queste differenze si esprimono anche in relazione all’esperienza del dolore. Comprendere le interazioni tra i vari fattori che influenzano la percezione del dolore può essere molto importante ai fini di delineare un trattamento del dolore ottimale, quasi personalizzato.

Il dolore nelle donne

Numerose evidenze epidemiologiche hanno dimostrato una più ampia diffusione del dolore cronico tra le donne rispetto agli uomini. E in effetti le donne sono maggiormente a rischio di soffrire di emicrania e di cefalea tensiva, di lombalgia, di fibromialgia, di disturbi temporo-mandibolari ma anche di osteoartrosi, tra le più comuni condizioni di dolore cronico.

Ma c’è di più: da alcune valutazioni effettuate in merito alla risposta al dolore indotto sperimentalmente è emerso che le donne mostrano una sensibilità al dolore maggiore rispetto agli uomini, in termini non solo di soglia del dolore (l’intensità minima dello stimolo necessaria per produrre dolore), ma anche di intensità massima di dolore che una persona è disposta a sopportare.

I meccanismi che potrebbero spiegare queste differenze tra donne e uomini sono molteplici: gli effetti degli ormoni sessuali, differenze nella funzione endogena degli oppioidi, ma anche fattori psicologici e sociali.

Il dolore e l’età

Estremamente interessante, in virtù dell’invecchiamento della popolazione, è il fatto che l’esperienza del dolore cambia anche in base all’età.

In particolare, è stato osservato che la prevalenza di dolore nel corso della vita varia in relazione alle condizioni che possono causare sintomatologia dolorosa; per esempio, la prevalenza del dolore a carico delle articolazioni e agli arti inferiori tende ad aumentare gradualmente con l’età, mentre la frequenza di altre condizioni dolorose, come il mal di testa, sembra avere un picco tra i 20 e i 50 anni per poi diminuire.

Studi che hanno valutato le risposte al dolore indotto sperimentalmente suggeriscono che gli anziani mostrano una sensibilità minore a dolori brevi a livello cutaneo (per esempio, la soglia del dolore da calore), ma una sensibilità maggiore a stimoli dolorosi più sostenuti che colpiscono i tessuti più profondi.

I fattori che potrebbero contribuire ai cambiamenti di percezione del dolore correlati all’età sono molteplici. Innanzitutto con l’avanzare dell’età aumenta l’incidenza di alcune malattie che sono associate all’insorgenza di dolore, in primis l’osteoartrosi, ma anche patologie tumorali e malattie neurologiche. 

Infine, condizioni che si riscontrano più frequentemente negli anziani, come la riduzione della funzione cognitiva e la diminuzione della qualità del sonno, possono associarsi a un aumento del dolore. In effetti, uno scarso riposo notturno si traduce, il giorno seguente, in una percezione più intensa del dolore, che può provocare uno stato ansioso e difficoltà a dormire tali da esacerbare la percezione del dolore e così via in un circolo vizioso (il “classico” cane che si morde la coda). 

Infine, una maggior percezione del dolore nella fascia di popolazione più anziana può essere correlata alla presenza di fattori psicologici negativi, alla mancanza di un supporto sociale (paura, ansia, depressione, senso di solitudine) e al fatto che in questa tipologia di pazienti il dolore è spesso sottotrattato.

Un approccio globale al dolore

La consapevolezza delle differenti esperienze e percezioni del dolore tra una persona e l’altra potrebbe aiutare a raggiungere risultati migliori in termini di riduzione del dolore. 

Considerare tutti i fattori che contribuiscono al dolore in ciascun individuo potrebbe essere il primo passo per implementare una gestione del dolore personalizzata, che comprenda non solo differenti strategie di trattamento specifiche per ogni paziente, ma anche degli approcci finalizzati alla prevenzione del dolore cronico.